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“Buttatelo”: questo microbiologo consiglia vivamente di smettere di usare questo utensile presente nelle nostre cucine, un potente interferente endocrino

Secondo recenti analisi, oltre il 90 per cento delle famiglie italiane utilizza quotidianamente un materiale da cucina che potrebbe rilasciare sostanze chimiche dannose a contatto con determinati alimenti

Una raccomandazione netta arriva da uno dei più noti esperti di microbiologia alimentare francesi: l’uso domestico di un comune film trasparente impiegato per coprire o conservare i cibi potrebbe comportare rischi invisibili ma concreti. Christophe Mercier-Thellier, microbiologo riconosciuto nel settore, invita a rinunciare del tutto a questo utensile, accusato di contenere composti chimici capaci di alterare gli equilibri ormonali. Le sue parole hanno riacceso il dibattito sulla sicurezza dei materiali a contatto con gli alimenti e sulla necessità di scegliere alternative più sicure.

I rischi nascosti del film alimentare tradizionale

La composizione chimica del PVC e il problema degli additivi

Il film estensibile comunemente utilizzato nelle cucine è spesso realizzato in policloruro di vinile (PVC), un materiale plastico reso flessibile da additivi come i phtalati. Questi composti vengono inseriti per migliorare la maneggevolezza del prodotto, ma possono degradarsi nel tempo e migrare verso gli alimenti. Secondo rilevazioni pubblicate da Cnews e riprese da diversi laboratori europei, tali sostanze agiscono come interferenti endocrini, cioè molecole in grado di alterare l’attività ormonale umana anche in quantità minime.

Il meccanismo di contaminazione al contatto con cibi grassi

L’effetto risulta particolarmente accentuato quando il film entra in contatto con preparazioni ricche di grassi: burro, sughi, formaggi o salumi. Le componenti lipidiche facilitano la dissoluzione dei phtalati presenti nel materiale plastico, favorendone la migrazione verso il cibo. Una volta ingerite, queste molecole si accumulano nell’organismo e possono interferire con lo sviluppo ormonale e riproduttivo. L’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha già individuato limiti specifici per l’esposizione a tali sostanze, ma numerosi studi segnalano che l’uso domestico resta una fonte significativa di contaminazione.

Le indicazioni del microbiologo: “Meglio eliminarlo del tutto”

Mercier-Thellier non lascia spazio a interpretazioni: “Il film alimentare va eliminato”, ha dichiarato durante una trasmissione televisiva francese dedicata alle abitudini quotidiane in cucina. La sua posizione contrasta con la percezione diffusa secondo cui l’uso occasionale sarebbe innocuo. Secondo il ricercatore, l’unica soluzione realmente priva di rischio è sostituire completamente questi materiali con alternative neutre dal punto di vista chimico.

Alternative pratiche per conservare in modo sicuro gli alimenti

I contenitori in vetro come soluzione stabile e riutilizzabile

I recipienti in vetro rappresentano l’opzione più raccomandata dai professionisti della sicurezza alimentare. Non rilasciano composti volatili né reagiscono con le sostanze grasse o acide. Il loro costo iniziale superiore è compensato dalla durata pluriennale e dalla possibilità di sterilizzazione completa dopo ogni uso.

  • Conservazione ermetica: i modelli con guarnizione in silicone mantengono gli aromi senza scambi d’aria;
  • Sostenibilità: si riutilizzano infinite volte riducendo i rifiuti domestici;
  • Sicurezza: nessuna migrazione chimica anche ad alte temperature.

L’alluminio freddo e le pellicole vegetali come compromesso temporaneo

L’alluminio può essere utilizzato solo a temperatura ambiente o refrigerata: se riscaldato rilascia particelle metalliche misurabili negli alimenti. In alternativa, alcune aziende italiane propongono pellicole compostabili derivate da amido di mais o cellulosa rigenerata, testate secondo le norme UNI EN 13432. Queste soluzioni restano però sensibili all’umidità e non sempre garantiscono la stessa elasticità del PVC.

Evitare la proliferazione microbica: conservazione corretta prima ancora dell’imballaggio

Sostituire il materiale è solo una parte della prevenzione. La sicurezza dipende anche dalle condizioni di raffreddamento e dai tempi di stoccaggio dei prodotti cotti. Le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità raccomandano temperature comprese tra 0 °C e 4 °C per tutti i piatti pronti da consumare entro quattro giorni.

Categoria alimento Temperatura consigliata Permanenza massima
Carni cotte / sughi 0–4 °C 3 giorni
Latticini freschi / formaggi morbidi 0–6 °C 5 giorni
Pasti surgelati casalinghi -18 °C 90 giorni
Cereali / prodotti secchi ambiente asciutto differente secondo confezione

Anche il miglior contenitore non impedisce la degradazione naturale degli alimenti se le regole base non vengono rispettate: raffreddamento rapido dopo la cottura, porzionamento adeguato e etichettatura della data d’apertura sono pratiche essenziali per limitare lo sviluppo batterico.

Dalla cucina alla normativa: una transizione ancora incompleta

L’Unione Europea ha avviato una revisione della direttiva 2004/1935 sui materiali destinati al contatto con gli alimenti, puntando alla progressiva eliminazione delle plastiche contenenti phtalati entro il 2030. Nel frattempo alcuni produttori italiani hanno introdotto linee “PVC free”, ma queste restano minoritarie sul mercato nazionale. Il caso solleva una questione più ampia: quanto siamo disposti a modificare abitudini radicate per ridurre un rischio invisibile ma documentato?

L’appello del microbiologo restituisce concretezza a un tema spesso confinato alle pagine scientifiche: ciò che avvolge i nostri pasti quotidiani può incidere sulla salute tanto quanto ciò che mettiamo nel piatto.

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